L’immagine l’ho rubata qui dove era pubblicata secondo una licenza Creative Commons.
Oggi, all’ora di pranzo, ho visto un servizio sul TG di La7 che mi ha colpito parecchio.
Ho voluto cercarlo e trascriverlo dal video.
Solo per ricordarmi che, nello stato di Vaticano-Italia, qualcuno ancora ragiona.
(in corsivo la voce del giornalista, in grassetto la voce, sintetizzata da un computer, di Marina Garaventa)
La seconda vita di Marina Garaventa è iniziata 6 anni fa: segnata da una malattia con un nome musicale, Sindrome di Guillain-Barré, ma con effetti devastanti di paralisi progressiva che porta a respirazione assistita ed alimentazione con un sondino.
A 42 anni Marina ha terminato la prima vita, piena di attività, di passione per la politica e la lirica per diventare immobile, senza voce.Tutti i malati come me, come Welby ed Eluana, sono già morti. Sono morti il giorno in cui il loro corpo ha deciso di smettere di funzionare […]
Ma è un silenzio fittizio quello di Marina perché dal letto supertecnologico di casa sua a Savignone, vicino Genova, riesce a far giungere forte il suo pensiero -le sue opinioni- sul dibattito generato dal caso di Eluana Englaro.
L’interruzione delle cure viene ipocritamente compiuta in tutti gli ospedali nel segreto delle camere e i personaggi come Welby o il padre di Eluana hanno avuto il solo torto di volerlo fare alla luce del sole affermando il diritto di scegliere come morire. Io voglio, qualora dovessi decidere di staccare la spina, essere libera di farlo senza che la mia decisione sia sindacata da cantanti, giornalisti e chicchessia.
Le opinioni di Marina pubblicate dal quotidiano La Stampa hanno ottenuto un riscontro incredibile. Il blog che lei stessa cura ha ricevuto più di 5000 contatti, oltre a centinaia di telefonate e di richieste per interviste e fotografie e Marina non ha perso l’occasione per offrire il suo punto di vista sulla condizione di malati come lei:
Anche se il corpo non risponde più, finché possiamo dare e ricevere amore, siamo ancora persone che meritano di avere tutto ciò che la vita può ancora offrire.
Lo stato non può arrogarsi il diritto di decidere della loro vita sulla base di astratti princìpi etici molto validi finché si sta col culo su un bel salotto ma che diventano assai stucchevoli quando si sta nel piscio.
Toccante.